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Record finanza alternativa: alle Pmi italiane 2.6€ miliardi in sei mesi

Lo stato di crisi aumenterà il ricorso a canali extra bancari per l’accesso alla liquidità e le fintech sono chiamate a rispondere a questa domanda, dando prova di stabilità e sostenibilità nel medio e lungo periodo. Crescono direct lending e lending crowdfunding, scendono invoice trading ed equity crowdfunding. Lo scenario degli ultimi 18 mesi descritto dai dati del Politecnico di Milano.

Circa 4,6 miliardi di euro: questa la cifra arrivata nelle casse delle Pmi italiane nel 2021 dalla finanza alternativa grazie all’opera di intermediazione delle fintech.

Un balzo in avanti notevole rispetto all’anno precedente, quando l’asticella si era fermata a 3.2 miliardi, e che si è confermato anche nei primi sei mesi del 2022, con totale di 2.6 miliardi di finanziamenti movimentati, il 32% in più rispetto allo stesso periodo del 2021.

Dati importanti e significativi, quelli che emergono dal  report sulla finanza alternativa per le Pmi redatto dal Politecnico di Milano.

Importanti e significativi perché confermano una tendenza in atto da tempo, che vede le piccole e medie imprese affidarsi con sempre maggiore convinzione a tutte quelle forme di accesso al credito alternative (o talvolta complementari) al classico prestito bancario, sempre più faticoso da ottenere per una serie di fattori congiunturali come il rialzo dei tassi d’interesse, la riduzione delle filiali sul territorio e le note lungaggini procedurali che dilatano i tempi di chiusura della pratica di finanziamento.

Quali gli strumenti che più sono stati utilizzati nel corso degli ultimi 18 mesi?

La risposta in sintesi è la seguente: crescono i minibond, il direct lending e il lending crowdfunding, scendono l’invoice trading e l’equity crowdfunding. Entrando nel dettaglio:

  • I Minibond si confermano uno strumento di debito molto utilizzato dalle Pmi italiane (tanto più in questo periodo, in previsione di un consistente aumento dei tassi d’interesse nel breve e medio periodo) con circa 560 milioni di euro di controvalore collocato nel primo semestre di quest’anno, con singole raccolte anche da 30/40 milioni di euro e un incremento poderoso rispetto ai 112 milioni raccolti da gennaio a giugno 2021.
  • Il Direct Lending, e quindi il prestito diretto erogato da soggetti non bancari, nella maggioranza dei casi piattaforme fintech abilitate, cresce a ritmi inferiori ma parliamo pur sempre di un differenziale positivo anno su anno del 55%, in virtù dei 719 milioni di euro distribuiti alle imprese nei primi sei mesi del 2022 (si arriva a 1,2 miliardi comprendendo gli ultimi sei del 2021).
  • Registra un andamento positivo anche il Lending Crowdfunding, e cioè i capitali raccolti in forma di prestito da singoli investitori privati attraverso piattaforme digitali dedicate: da questo canale sono arrivati alle Pmi (sempre nel primo semestre 2022) poco meno di 96 milioni di euro, il 26% in più rispetto a quanto registrato nello stesso periodo del 2021.

Cali e controtendenze del 2022

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È invece in controtendenza il ricorso all’invoice trading, pratica che prevede la cessione di un credito commerciale con incasso immediato (nell’arco di pochissimi giorni) a favore dell’azienda cedente.

Il calo evidenziato da questa soluzione nella prima parte dell’anno non è certo trascurabile (del 39%) ma su questa percentuale pesa parecchio l’acquisizione (avvenuta a gennaio) della piattaforma di invoice trading Fifty da parte di Credito Fondiario, togliendo di fatto la piattaforma dal novero degli strumenti di finanza alternativa.

Lo strumento offerto da diverse fintech (pensiamo a Workinvoice, partner storico di Change Capital) rimane però fra i più utilizzati dalle Pmi – a circa 690 milioni di euro ammonta il valore del transato a beneficio delle imprese da luglio 2021 a giugno 2022 – ed è destinato a crescere ulteriormente nei prossimi mesi anche in relazione alla prevista entrata in campo di fondi specializzati nell’investimento in crediti commerciali comparto.

Infine l’equity crowdfunding, la raccolta di capitale di rischio in cambio di quote societarie: la flessione degli ultimi sei mesi è in questo caso del 10%, per un totale di 59 milioni, mentre è di 142 milioni il consuntivo da metà 2021 a metà 2022.

Su questo comparto, soggetto alle incertezze congiunturali e ai timori di una possibile futura recessione, “pesano” in qualche modo anche le tanto attese nuove regole europee, a cui gli operatori dovranno adeguarsi entro novembre 2023.

In linea generale, come osservano gli esperti, i canali extra bancari per l’accesso a capitali saranno sempre più sollecitati e per questo l’ecosistema del fintech sarà chiamato a rispondere dando prova di maturità, stabilità e sostenibilità nel medio e lungo periodo.