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Data driven banking: una strada segnata che guarda al modello fintech

Una ricerca condotta da The Innovation Group spiega come banche e istituzioni finanziarie stiano imparando a far leva sui dati e sulla condivisione delle informazioni per approfondire e migliorare la relazione con la clientela e razionalizzare e rendere più efficienti i processi interni. 

 

Affermare che la rivoluzione del banking e del settore finanziario sia conclusa è improprio. E per vari motivi. È innegabile infatti che banche e istituzioni stiano metabolizzando l’importanza di un uso strutturato dei dati e siamo sempre più impegnate a rendere fluido l’accesso alle informazioni in un’ottica di decision-making, non solo per approfondire la relazione con la clientela ma anche (se non soprattutto) per razionalizzare e rendere più efficienti i processi interni. L’utilizzo intelligente e strategico dei dati, questa l’assunzione di consapevolezza di molti manager del finance, è alla base e al servizio dell’innovazione e proprio per questo è un percorso costantemente in evoluzione e in divenire, strettamente legato al mutamento delle condizioni di mercato.

 

Anche in un mondo conservativo per definizione come quello bancario, i dati stanno comunque assumendo un ruolo centrale nella (ri)definizione dei modelli operativi e dell’intero approccio al mercato. Il presidio sul customer journey rappresenta certamente una delle sfide più importanti per chi opera nei servizi finanziari ma la possibilità di disporre di dati consolidati in modo corretto, organizzati e facilmente accessibili dalle funzioni di business, costituisce un’esigenza rilevante anche per affrontare temi come la compliance normativa, la multicanalità o la prevenzione dalle frodi.

 

Il tema in questione è stato approfondito da uno studio condotto da The Innovation Group

presenting-data-2021-09-24-02-41-03-utc (società di servizi di consulenza e di ricerche di mercato indipendente) su una quindicina fra le più importanti banche e società di servizi finanziari attive nel nostro Paese, studio che ha raccolto in particolare le impressioni dei Chief Data (& Digital) Officer e dei responsabili delle data architecture. Lo scopo? Verificare il livello di alfabetizzazione sui dati in azienda, quanto gli stessi dati vengano impiegati strumenti analitici evoluti per indirizzare gli interventi in materia di trasformazione digitale, quali sfide stiano emergendo sui fronti della governance, della sicurezza, della relazione con la clientela e della sostenibilità ambientale.

 

La fotografia attuale dello stato dell’utilizzo dei dati a supporto dei processi più innovativi in corso evidenzia tre ambiti principali. Il primo riguarda il time-to-market, non tanto inteso come capacità di rilascio rapido e puntuale di nuovi prodotti o servizi in linea con le aspettative del mercato quanto in termini di velocità di risposta alle richieste che provengono sia dall’interno dell’organizzazione sia (successivamente) dalla clientela che si presenta allo sportello o chiede assistenza online e via app per un problema specifico da risolvere nell’immediato. Senza dimenticare, inoltre, la volontà di ampliare la conoscenza dei comportamenti dei clienti a fini di marketing e per l’ampliamento dell’offerta digitale.

 

Di egual peso è il tema del supporto all’allineamento normativo, che tocca numerosi aspetti operativi delle banche. Parliamo quindi di privacy (il Gdpr) e di tutela e salvaguardia dei dati, di Psd2, di governance e sicuramente di gestione del rischio, uno dei temi più caldi anche nell’ottica di creare (con il supporto dell’intelligenza artificiale) nuovi modelli comportamentali applicabili alle richieste di credito. 

 

Il terzo grande filone di sviluppo verso il paradigma “data driven banking” perseguito negli ultimi anni è la definizione di una vera e propria data strategy, quasi sempre associata all’implementazione di una piattaforma a supporto della gestione dei flussi e non semplicemente con funzione di repository più o meno strutturato. Le strutture interne deputate al governo delle informazioni, si legge ancora nel rapporto, devono assicurare in prima battuta che vengano generati dati rilevanti per il business e fare poi in modo che tutti i soggetti interessati possano condividerli, superando le logiche del passato basate su una maggior compartimentazione delle funzioni e una conseguente disomogeneità dei dati utilizzati. 

 

Tanti, dunque, gli argomenti presenti sul tavolo dei Chief Data Officer, la cui prima sfida da vincere è senz’altro quella di garantire un’adeguata capacità di raccolta, analisi e gestione dei dati. In termini di adozione delle nuove tecnologie, secondo l’ultima edizione della “Digital Business Transformation Survey” realizzata sempre da The Innovation Group, la priorità delle aziende bancarie per l’anno che sta volgendo al termine è stata quella di convogliare le risorse destinate all’innovazione digitale soprattutto in direzione delle metodologie Agile e DevOps con l’intento di migliorare i processi di sviluppo, dei tool di gestione massiva dei dati, dell’implementazione di applicazioni cloud e della customer experience. La strada è dunque segnata, quanto sia ancora lunga da percorrere è difficile a dirsi ma è indubbio che la spinta esercitata dalle fintech – in termini di velocità di innovazione di prodotti e processi e di sinergie con il mondo bancario tradizionale – sarà decisiva.